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Ecco una domanda stagionale :-)

La parola latina per ciliegia è ceresa, -ae, a sua volta proveniente dal greco kerasa. In molti dialetti italiani il termine mantiene le consonanti iniziali, ma in italiano (a parte la ĕ breve che come succede in generale si è trasformata in i) ci sono state ben due trasformazioni consonantiche: -r- in -l- e -s- in -g-. Qualcuno ha idea di come siano potute esserci queste modifiche, magari con qualche altro esempio etimologico?

mau
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    In molti dialetti la parola si è conservata molto simile al latino: http://www.dialettando.com/dizionario/detail_new.lasso?id=218 sono curioso anche io di sapere l'etimologia della parola italiana attuale – Federico Bonelli Jun 04 '14 at 20:35
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    Stavo aggiungendo un commento simile. In sardo (e nella maggior parte dei suoi dialetti) si chiamano "Criaxi" (si legge più o meno "Criasgi"). Può essere interessante perché comincia a comparire il suono della G come un piccolo seme :) (dalla lista che ho visto la pronuncia non si evince facilmente). – donnadulcinea Jun 05 '14 at 11:36

2 Answers2

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In some Vulgar Latin variants, there was a regular sound change of intervocalic -si- > -dʒ- (the Latin word was actually ceresia with an i). Other examples are Lutetia Parisiorum 'Paris' > Parigi and Dionysius > Dionigi. It was probably part of the other palatalization processes in Late Latin, which are also responsible for the change of the initial k- > tʃ-. Unfortunately I couldn't find any literature which specifically describes this particular sound change.

As for -r- > -l-, it's not unheard of that these two sounds get interchanged sporadically, but I don't know any other examples in Italian. In any case, it was probably not a regular sound change.

Marc Schütz
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  • Are you sure the Latin word was ceresia? Before the reform proposed by Bruno Migliorini, the plural form of "ciliegia" was "ciliege" without an I (see the posthumous book by Oriana Fallaci), and the original rule for pluralization involved looking at the Latin origin of the word. – mau Jun 07 '14 at 17:28
  • Etymonline has Vulgar Latin *ceresia. Lindsay's The Latin Language Ch. II. § 5 lists ceresio as well as ceresium and cerasium, but reconstructs an original form *ceresus, which is plausible, as it's a loan from Gk. κερασός. Maybe this was the justification? – Marc Schütz Jun 08 '14 at 11:10
  • it may be. Actually I just checked on De Mauro dictionary, which gives as etymology "lat. *cerĕsĕa(m), derived from cerasus "ciliegio, ciliegia", from gr. kérasos." – mau Jun 09 '14 at 07:26
  • Spanish Catalina comes to my mind as an example of r > l – Walter Tross Jun 10 '14 at 21:45
  • An example of r → l: arboralbero – Walter Tross Jun 11 '14 at 10:40
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Dal lat. parl. cerĕsea(m), da cĕrasus ‘ciliegio’, dal gr. κέρᾰσος (kérasos), forse dalla radice kar=kra esser duro (a cagione della durezza del legno o del nocciolo (cfr. ciriegio e ciliegio)

Da ceresea si ha ciriegia tramite:

  • chiusura della ĕ protonica in i (cfr. Rohlfs)
  • dittongazione di ĕ in ie in sillaba aperta accentata (cfr. pĕdem → piede, pĕtra → pietra)
  • chiusura della ĕ postonica in i in sillaba non finale [cfr. Rohlfs]
  • nesso sibilante + jod, che in questo caso ha prodotto una sibilante palatale sonora tenue -ʒ- e poi -dʒ- (cfr. segūsiŭ(m) > [se'guʒo]> [se'gudʒo] segugio) [si veda ad es. Rohlfs per sonorizzazione delle consonanti intervocaliche].

Dunque: da ceresea si ha ciriegia, e poi, in epoca relativamente recente, fra il Cinque e il Secento, ciriegia si trasforma in ciliegia.

Il Rohlfs pensa che ciliegia, con -l- invece di -r-, sia di provenienza francese. Un'altra spiegazione era stata offerta dallo Jud: supponendo che la voce fiorentina sia presa a prestito dall'ant. ligure ceresa, la -l- potrebbe essere dovuta al desiderio d'evitare quello che veniva sentito come un difetto dei Liguri, ossia l'uso di r intervocalica per l.

Secondo Castellani:

Fra il Cinque e il Secento, ciriegia si trasforma in ciliegia. Perché questo cambiamento? Perché, direi, il dittongo dopo r si pronuncia male (la presenza di r costringe a dar pieno valore vocalico alla prima componente: ciri-egia). In un periodo in cui brieve si riduce a breve, criepa a crepa, ecc., per ciriegia si sceglie un'altra possibilità (che non esiste nel caso di ie preceduto da cons. + r): si conserva il dittongo, e si sostituisce l a r. La nuova forma, evidentemente, non può essere nata nella Toscana meridionale o in Lucchesia (dove s'è sempre usato il tipo CERASEA), né nella Toscana orientale (dove si ha siregia o ciregia). E non ci sarà da pensare nemmeno a Pisa (il Malagòli, Voc. pis., segnala un'attestazione di ceragia ancora nel sec. XVII). Rimane Firenze col suo distretto, e la zona di Prato-Pistoia. In ogni modo, dal Secento in poi la forma ciliegia è caratteristicamente fiorentina; e come tale è stata accolta nella lingua letteraria. (A. Castellani)

Autocorrezione di Arrigo Castellani (Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza, Roma, Salerno Editrice, 1980, tomo II, pp. 14-15):

Va corretta la frase della mia nota del 1960 in cui si dice che «la presenza di r costringe a dar pieno valore vocalico alla prima componente del dittongo ». Non c’è nessuna tendenza, nel fiorentino contemporaneo, a dar carattere vocalico alla i di «Via dell’Ariento». Tale tendenza può esserci stata quattro secoli fa: ma la cosa ha importanza secondaria. Quel che conta, è che la sequenza voc. + r + iè apparisse anomala. Sarà un caso che le due sole voci popolari che la contenevano, ariento e ciriegia, siano state sostituite da voci diverse? Non è lecito collegare questa sostituzione coll’essere venuta a mancare, in una serie di parole ben altrimenti consistente, la sequenza cons. + r + iè?

Tornando oggi sul problema, penso si debba tener conto dell’ipotesi che ciliegia sia una forma fanciullesca. La r è l’ultima consonante che i bambini, o per lo meno molti bambini, imparino ad articolar bene. Uno dei suoni più vicini è l; e l è suggerita dall’articolo: le ciriegie > le ciliegie. Il tipo con -l- sarebbe potuto rimanere sotto il limitare della «lingua»: s’è imposto in un momento particolarmente favorevole, quando cioè la vecchia norma riguardante cons. + r + iè cedeva alla nuova (con riflessi su voc. + r + iè).

È ovviamente da escludersi che il ligure antico ceresa o il francese cerise (ci si chiede perché cerise, visto che il rotacismo non esiste in francese come fenomeno caratterizzante) abbiano fornito al fiorentino, nel secolo XVI, «a model for “hyper-Tuscanism”».

alexjo
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