"Viceversa" è dal latino "vice versā" o anche "versā vice".
Si tratta di un ablativo assoluto.
"Vice" è l'ablativo singolare di "vicis", "vicenda", sostantivo femminile; "versa" è il participio passato di "vertĕre", "volgere", terza coniugazione.
Quindi "vice versā" è "rigirata la faccenda".
In italiano il sintagma latino si è fuso in un elemento lessicale unico di natura avverbiale, benché raramente in passato sia rimasto in uso come locuzione avverbiale (forse solo come citazione colta in latino?).
Come osserva DaG, questo caso sembra essere molto simile agli avverbi italiani che finiscono in "-mente", anche questi ottenuti per fusione di sintagmi latini originariamente in ablativo assoluto ("fermamente", da "firmā mente", "con animo fermo"). Si parla qui di univerbazione per grammaticalizzazione.
La mia opinione è che anche "viceversa" sia un caso di univerbazione, più che di composizione come avevo ritenuto inizialmente.
Citando Sabatini e Coletti, Livio Gaeta sostiene che «quanto più un’unità del genere è d’alto uso, abituale, tanto più se ne è affermata la variante grafica (e, in fondo, anche fonetica) univerbata».
Per verificare se in italiano la forma "vice versa" sia stata in passato usata, si può cercare tra i testi di liberliber: si nota che alcuni testi sono effettivamente in latino, altri in francese, in un caso vi è addirittura una battutaccia ("il Vice versa", sta versando). In alcuni casi, come nella lettera di Quirico Filopanti ad Enotrio Romano (Giosuè Carducci), non si capisce se "vice versa" debba intendersi come espressione latina colta; in alcuni casi si potrebbe ipotizzare che sia un refuso, quando nello stesso testo normalmente si usa in forma univerbata e vi si trova un'unica occorrenza alternativa; in altri casi ancora viene forse usata volutamente in maniera da evocare reminiscenze latine. Quindi, in conclusione, rimane il dubbio, non vi sono occorrenze in cui sia certo che l'autore non abbia intenzionalmente usato la forma latina.
Da notare anche che cercando nel sito classicitaliani, si trova solo la lettera di Quirico Filopanti e due documenti in francese.
Google Books Ngram Viewer comunque suggerisce che in italiano la forma di gran lunga più diffusa sia sempre stata quella univerbata. I dizionari non contemplano l'uso della variante grafica separata.
Emilio Manzotti (Università di Ginevra), in Similarità e simmetrie tra stati di cose. Il caso di viceversa dedica un intero saggio agli usi di "viceversa" - è molto interessante, anche se non sembra dire nulla circa il passaggio da "vice versa" a "viceversa".