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A volte ho molta difficoltà a capire quando alcune parole richiedono o no una lettera doppia. Fortunatamente con strumenti digitali faccio la correzione automatica e riesco spesso ad usarli bene, però se scrivo rischio di sbagliare. In Italiano alcune parole hanno un significato diverso a seconda di quante lettere uguali metti, per esempio "motto", che vuol dire frase (se non vado sbagliato), e "moto", che vuol dire motocicletta.

Esiste una regola per sapere quando usare lettere doppie?

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Non ci può essere una regola. Gli esempi di coppie minime sono tanti:

casa/cassa
fata/fatta
copia/coppia
cola/colla
sera/serra

e così via. Nessun correttore automatico che non abbia anche un controllo semantico può segnalare errori in questi casi.

Se pronunciamo vale (voce del verbo valere) e valle (quella che sta fra i monti), la a nella prima parola è leggermente più lunga e, naturalmente, il suono di ll è “più intenso” di l semplice, almeno nella pronuncia standard.

La z sorda intervocalica seguita da i si pronuncia sempre geminata (termine più preciso di “doppia”), ma normalmente si scrive semplice: azione. Se però la z è doppia in una parola, lo è anche nelle parole derivate: mazza e mazziere; invece da dazio viene daziere, da Lazio viene laziale. Le z in queste sei parole si pronunciano allo stesso modo, cioè geminate.

Un problema analogo per chi impara l'italiano riguarda l'accento tonico: non c'è alcuna regola per decidere su quale sillaba cade. Un esempio classico è capitano che può avere l'accento tonico su tre delle quattro sillabe

càpitano (verbo capitare)
capitàno (ufficiale dell'esercito)
capitanò (verbo capitanare)

L'accento si segna solo nell'ultimo caso.

egreg
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Nella lingua italiana le lettere consonantiche dell'alfabeto italiano in posizione intervocalica possono essere semplici o doppie.

Tutte le consonanti si presentano in almeno una parola come doppie, compresa la “Q” nelle uniche occorrenze di 'soqquadro' e nel meno utilizzato 'beqquadro', e ad esclusione della “H”, che ha valore prettamente diacritico.
Dal punto di vista della rappresentazione fonetica, ogni doppia rappresenta la geminazione del suono standard che solitamente le viene associato.
Non c’è una regola specifica per sapere quando utilizzare le lettere doppie.
Infatti le lettere doppie dell’italiano sono un fenomeno complesso, perché non sono l’esito di un unico percorso evolutivo, ma il risultato di diverse trasformazioni (Treccani).

Già già in greco e in latino esistevano parole con lettere doppie.
Le parole che derivano dal greco tendono a conservare le lettere doppie (talassocrazia, da thalassa «mare» + krátos «potere»).
In genere anche le parole latine che contenevano lettere doppie le hanno mantenute in italiano: si pensi a parole come ancilla > ancella, căballus > cavallo, commercĭum > commercio, stella > stella.
Nel passaggio dal latino all’italiano vengono introdotte lettere doppie estranee al latino in seguito a diversi fenomeni:

  • geminazione della consonante che segue la vocale tonica nelle parole sdrucciole, come nel caso di femĭna(m) > femmina o căthĕdra(m) > cattedra.
  • assimilazione consonantica, cioè la trasformazione della prima consonante nella seconda. Le parole greche e latine contenenti il nesso -x- (cioè la consonante doppia -cs-) come saxum > sasso, come ălexănder > Alessandro. L’assimilazione ha trasformato, inoltre, anche altri nessi ostici come

    • -ps- (scrīpsi > scrissi),
    • -ct- (noctem > notte),
    • -pt- (aptum > atto, da cui attore, attitudine, ecc.),
    • -mn- (cŏlumna > colonna)

    e ha agito nell’evoluzione di parole con suffisso diminutivo come

    • fēnūc(ū)lum > finocchio,
    • aurĭc(ŭ)la > orecchia,
    • vĕt(ŭ)lŭm > *vĕtlŭ (= veclu) > vecchio.
      In questi casi, a essere assimilato è il nesso -cl- che si trasforma in velare rafforzata.

    Un particolare tipo di assimilazione consonantica, simile a un raddoppiamento fonosintattico regressivo, riguarda, invece, le parole formate con prefissi latini, quali:

    • ad- e sub- (advĕntŭm > avvento, sub + portāre > supportare).
    • Inducono, poi, al raddoppiamento della consonante iniziale della parola a cui sono uniti anche altri prefissi come, per es., ra- (rappresentare), so- (socchiudere), contra- (contrapporre).
      Tuttavia, per secoli, questi hanno dato esiti oscillanti tra scempie e doppie: la forma contradire (in luogo di contraddire), per es., ancora ai primi del Novecento era indicata come la più comune nel manuale di ortografia di Malagoli (1912).
  • L’assimilazione progressiva si verifica, invece, coi prefissi in- e con- seguiti da nasale o liquida in casi come immeritevole (in + meritevole), irresponsabile (in + responsabile), illegale (in + legale), correlativo (con + relativo).
    Il fenomeno dell’assimilazione progressiva è anche un esito tipico dei dialetti dell’Italia centro-meridionale in parole come mŭndum > monno, fŭndum > fonno.

Detto questo, esistono delle regole per non sbagliare nello scrivere parole con lettere doppie (Manuale di scrittura non creativa, Rizzoli):

  • b non si scrive mai doppia davanti al suffisso – ile: mobile, visibile;
  • g non si scrive mai doppia davanti a – ione: ragione;
  • z non si scrive mai doppia:
    • nei nomi terminanti in – ione: eccezione, lezione;
    • nei nomi terminanti in – zia, – zie, – zio (malizia, polizia, giudizio, ospizio ecc.) e nei loro derivati (poliziesco, giudiziario ecc.). Ci sono però alcune eccezioni a questa regola generale : si scrivono con zz le parole pazzia, razzia, razziale, carrozziere, tappezziere, corazziere, mazziere;
  • z si scrive sempre doppia nelle parole composte con i suffissi: – ozzo, – uzzo, – izzare, e nei loro derivati: predicozzo, peluzzo, organizzare, organizzatore;
  • la consonante iniziale di una parola raddoppia quando si unisce:
    • alle congiunzioni e, né, se, o (ebbene, neppure, seppure, ovvero);
    • alle preposizioni a/ad, da, fra, su (alla, addizionare, dapprima, frapporre, suddetto)
    • agli avverbi là, più, sì, così (laggiù, piuttosto, siffatto, cosiddetto)
    • ai prefissi sopra, sovra, contra (soprattutto, sopravvivere, sovrabbondante, soprannumero, sopralluogo, contraddire, contraccolpo)
    • quando la prima parola è il prefisso ra- (raddrizzare, raccogliere, rammendare).
      Non si ha il raddoppiamento:
    • se la seconda parola che forma il composto inizia con s impura (cioè seguita da consonante): soprascritto, sovrastruttura, contrastante;
    • dopo i prefissi contro-, pre-, tra-, sotto-, intra- (controbattere, controluce, prevedere, precedere, trapiantare, sottoporre, sottobosco, intravedere, intramuscolare).

Forse sono stata un po' prolissa, ma spero di essere stata di aiuto.

Charo
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  • Non so cosa vuole dire "prolissa", ma grazie. Molto esaudiente come risposta :-) –  Apr 16 '19 at 15:14
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    @chestres significa: dilungarsi troppo nel parlare di qualcosa. Vale anche per lo scritto –  Apr 16 '19 at 15:28
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    Oggi ho imparato due cose nuove! Grazie –  Apr 16 '19 at 15:44
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L'unica soluzione è imparare a distinguere la diversa pronuncia. Il motivo per cui so che moto si scrive con una lettera sola e motto con due è perché se le dico a voce alta, la prima la pronuncio ['mɔto] e la seconda ['mɔt:o].

Se la tua lingua madre è una lingua che non ha le consonanti doppie (come molte lingue europee e una buona percentuale delle lingue regionali italiane) questo può richiedere un po' di sforzo all'inizio, ma di fatto i grafemi t e tt sono due lettere distinte, che corrispondono a suoni distinti. Da questo punto di vista la tua domanda è un po' come chiedere come ricordarsi di scrivere moto piuttosto che modo.

Una buona risorsa per consultare varie pronunce italiane di madrelingua (ma attenzione: le pronunce variano su base regionale, e le lettere doppie sono di solito pronunciate con maggiore intensità al centro-sud che al nord) è Forvo.

Denis Nardin
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